Sulle tracce di Erwin Johannes Rommel

 

Tre giorni sono stati sufficienti a Rommel per passare alla storia e trasformarla in leggenda.

Erwin  Rommel, allora venticinquenne, era un tenente al comando del battaglione Württemberg, con un fisico che lasciava a desiderare. I suoi problemi di salute gli avrebbero consentito l'esonero dal servizio militare.

Eppure...

Cerchiamo di ripercorrere, passo dopo passo, quello che fu il suo percorso attraverso le Valli del Natisone. 

Siamo nel mese di ottobre 1917. La situazione sul fronte non sembra poter cambiare.

Il comando Imperiale, preoccupato della tenuta del fronte dell'Isonzo, aveva progettato in segreto la controffensiva.

 Il comando di questa operazione viene assegnato al generale Otto von Bellow, militare di grandissima esperienza.

Sul fronte italiano, i comandanti dell'esercito  riescono persino ad avere copia del piano dettagliato dell'operazione.

Documenti segreti ricevuti  da parte di alcuni militari, due di nazionalità ceca e da due ufficiali romeni, i quali avevano abbandonato le loro fila e ai quali era stato dato un compenso per questo servizio, riportano i luoghi e le date dell'attacco, ma vengono ritenuti non credibili. 

Il 20 ottobre sottotenente Tichy, di nazionalità ceca, con altri tre soldati comunica agli italiani la nuova data dell'attacco, rinviata di qualche giorno a causa del maltempo. 

Il 21 ottobre è il tenente rumeno Michael Maxim che consegna agli italiani i piani dettagliati dell'attacco. Se alcuni disertano, altri si dimostrano preziosissimi. Soldati di Tolmino, arruolati nell'esercito imperiale e conoscenti il territorio, fanno da guida attraverso i sentieri che conducono oltre le postazioni italiane.

Le truppe Austro-Tedesche, avanzando solo di notte per non farsi notare dagli aerei o dalle spie infiltrate sul territorio, si erano avvicinate in segreto alla zona del fronte e il 23 ottobre stazionavano nei pressi di Tolmino.

Panoramica di Tolmino vista dalla cima del Kolovrat "Na Gradu". A destra la Soča- L'Isonzo 

Rommel nel frattempo aveva ispezionato assieme ai suoi superiori  le alture circostanti per preparare i piani di attacco. Nel suo diario annoterà che in quei giorni era presente un buon fuoco di disturbo da parte dell'esercito italiano. Le postazioni di cannoni poste sul Kolovrat dominavano l'intera zona sottostante. Sempre sul Kolovrat erano piazzati potenti riflettori che illuminavano l'intera vallata.

In questa foto vediamo il paese di Volče - Volzana con a est le colline di Bučenice e Mengor. Dalle cime di queste colline si poteva osservare la prima linea di difesa italiana. Il fiume sulla sinistra e la Soča-Isonzo.

La zona della controffensiva vista dalla Kobilja Glava. Il paese a fondovalle è Volče -Voilzana; il fiume è l'Isonzo, le cime sono quelle del Globočak, la Jeza, costa Duole e costa Rauanca e tutta la catena del Kolovrat. Da qui lo stato maggiore austroungarico progettò l'attacco. 

 Il 24 ottobre inizia la controffensiva.

C'è da dire che il monte Kolovrat domina la valle sottostante dalla quale venne sferrato l'attacco e che l'esercito italiano dispone di una grande quantità di armi di artiglieria pesante e di munizioni, situate in posizioni strategiche sulla cima e sulle pendici del monte.

La catena del Kolovrat vista dal lato sud.

La catena del Kolovrat vista dal lato nord.

Cosa indebolì in modo così pesante le difese Italiane?

Quel 24 ottobre 1917,  pioveva; sul monte Nero nevicava;  la valle sottostante era immersa nella nebbia.

Nevicata sul Monte Nero

Alle ore due del mattino più di 1000 cannoni iniziano a bombardare la zona nord del Kolovrat, compresa la frazione di Drenchia, situata sull'altro versante dove si trova il comando italiano.

La frazione di Drenchia è composta da due paesi: quella superiore e quella inferiore. 

Vengono lanciate pure bombe contenente un gas velenoso, fortemente irritante, ma non mortale.  Questo per evitare di nuocere agli assalitori.

In questa situazione è difficile mantenere le postazioni. Molti soldati gettano le maschere (tra l'altro inadatte) e si danno alla fuga.

A valle c'è il nemico, ma ci sono pure le truppe italiane. Il tutto in una cappa di nebbia che copre ogni cosa, per cui la risposta a questi cannoneggiamenti è debole, con grande sollievo per Rommel che l'aveva  temuta fortemente.

Trincee sul Kolovrat.

I cannoneggiamenti durano fino alle 4,30.

Alle 6,30 riprendono, con sparo di mine e granate distruttive. Ben poco resterà delle linee difensive italiane anche se molti cannoni si trovano al sicuro nelle caverne.

Con questa pioggia, di acqua e di fuoco, è bene stare al riparo. C'è chi combatte valorosamente e chi, nonostante tutto, viene catturato mentre mangia o gioca a carte!

Alle prime ore del mattino le truppe Austro-Tedesche sfondano la prima linea italiana situata nei pressi di Volče - Volzana.

La chiesetta di San Daniele a Volzana, nei pressi della quale si trovava la prima linea italiana.

Tutto questo avviene sotto gli occhi impotenti delle truppe italiane appostate sul Kolovrat, dove i potenti riflettori sono accecati dalla nebbia, ma dove mancano sopratutto gli ordini per coordinare la controoffensiva.

Il versante sud della catena del Kolovrat. La cima, quota 1.114,  è il Klabuk o Na Gradu.

I generali italiani, eccetto Villani che quella sera sarà fino alle 17 sullo Jeza, non amano molto la prima linea e danno ordini  tramite telefono.

Il generale Badoglio quella sera si trova con il suo staff al suo posto di comando, lontano dalla prima linea, a Kosi, un paesino nella valle di Jdrija. Aveva da qualche giorno abbandonato l'Ostri Kras, dal quale, dall'altezza di 780 metri, avrebbe potuto seguire visivamente tutta la zona della prima linea.

Il paesino di Kosi.  A Kosi oggi troviamo una decina di case diroccate e una vecchia fontana datata 1916.

Questa fontana presente nel paesino di Kosi, e datata 1916, era molto importante, come tutte quello che vennero costruite in questo periodo. 

Oltre alle persone, era necessario avere disponibilità di acqua per abbeverare i numerosi animali da soma.

Tutta la notte cerca di mettersi in contatto con il fronte, ma le linee telefoniche non rispondono. Manda alcuni ufficiali sul posto per capire cosa sta succedendo, ma ormai è troppo tardi!

Rommel, avanza e alle 9,30 passa, presso la chiesa di San Daniele tra Gabrje e Volarje. Su queste postazioni erano state lanciate in precedenza granate con gas asfissianti e mine distruttive.

Volarje visto dal Kolovrat.

La prima linea di difesa italiana è superata!

Il breve tratto di pianura costeggiante la sponda destra dell'Isonzo ai piedi della catena del Kolovrat. 

A destra a mezza costa il paese di Foni, sopra, la cima del Kolovrat con il Klabuk e il Trinski Vrh (Monte Piatto).

Ora inizia l'arrampicata verso le pendici del Kolovrat!

Lasciata questa pianura si dirige verso il Hlevnik, una cima alta 876 metri sulla dorsale nord del Kolovrat.

Percorre il tratto di strada che conduce al paese di Foni e si avvicina alla seconda linea di difesa italiana che va dal Hlevnik alla cima  Ježa, alta 949 metri e situata più a est.

La collina del Hlevnik mt. 876. Ai suoi piedi il paesino Foni.  

Il paese di Foni, sul pendio nord del Kolovrat.

Rommel prosegue speditamente verso il Hlevnik; la sua avanzata viene rallentata subito dopo mezzogiorno, solo dai cannoneggiamenti del suo esercito, che continuano verso quella cima,  non immaginando che le proprie truppe sono gia sul posto.

Dopo le 12 la cima del Hlevnik è conquistata senza combattimenti particolari. Ora tocca al Klabuk o Na Gradu o se vogliamo quota 1.114 (tutti nomi che indicano la cima della catena del Kolovrat).

La cima della catena del Kolovrat - Klabuk o Na Gradu

Di questa faccenda però si è voluto occupare personalmente il conte von Holstein.

Per la conquista di questa cima  sarebbe stata conferita una particolare onoreficenza.  

Questi incarica un subalterno, l'ufficiale Schöner, al quale toccherà il compito di conquistare questa vetta.

Alle 17,30 le truppe italiane, nonostante una strenua difesa perdono la cima del Kolovrat e a nulla varranno i tentativi successivi di riconquista.

Si fa sera. Inizia a soffiare un vento freddo. Anche i soldati devono riposare. 

Rommel che si trova qualche centinaio di metri più a ovest della cima del Kolovrat decide di trascorrere li la notte, probabilmente in qualche rifugio italiano.

Il soldato che sta in trincea, se è bagnato non ha come asciugarsi e neppure un vestiario di ricambio. In quelle condizioni deve stare esposto al freddo e al vento. Immaginiamo al sofferenza di quelle persone!

Ecco quello che potrebbe essere stato il percorso di Rommel il giorno 24 ottobre 1917.

Nella mattinata del giorno seguente, 25 ottobre,  riceve l'ordine di proseguire nella sua avanzata e prosegue con la conquista una buona parte del Kolovrat, fino alla cima del Nagnoj, non senza perdite.

Il Monte Piatto o Trinski Vrh  mt.1.138  come può averlo visto Rommel.

 

Dirigendosi  verso ovest, Rommel incontra  l'ultima cima del Kolovrat: il Nagnoj  mt 1.192 

Per la conquista di questa cima ci saranno duri combattimenti.

 

Da qui riesce a vedere le postazioni italiane situate sulla cima del Kuk (monte Cucco) mt.1243.

Molti soldati italiani scendono da questa cima per attaccare il nemico ma più in basso c'è gia chi si arrende.

Dal Nagnoj, Rommel ha una bella vista tutt'attorno: solo il monte Matajur risulta parzialmente coperto. 

Riesce pure a vedere a sud il monte Hum, pieno di truppe italiane. Queste avanzano pure sulle pendici sud del Kolovrat.

La cima del Kuk mt. 1.243 con sullo sfondo il Matajur mt.1.641

Ma è il Kuk il prossimo obbiettivo! 

Chiede l'appoggio dell'artiglieria che inizia a cannoneggiare la cima. Questa alle 11,15 questa viene colpita dalle prime granate.

Rommel poi annoterà come la loro artiglieria sia efficiente e precisa.

Quella italiana invece spara dal monte Hum.

Il monte Cum -  Hum  mt 912. Ai suoi piedi la frazione di Tribil Superiore.

Decide di aggirare l'ostacolo e prosegue scendendo verso ovest.

Ai piedi del Nagnoj, poco prima della cima del Kucco, un battaglione italiano si arrende.

Il Nagnoj con sullo sfondo il Matajur.  

Scende ancora verso il paesino di Livške Ravne

Dalle cima del Kuk le truppe italiane non riescono a  vedere cosa accade alle loro spalle.

In questo cammino per l'aggiramento della cima le truppe di Rommel incontrano numerosi gruppi di soldati italiani, ma nessuno di loro si azzarda a prendere in mano un arma e fare fuoco. Chi può fugge a valle.

Le frazioni di Livške Ravne e Ravne, ai piedi del Monte Cucco - Kuk.

Tutti sono sorpresi di questa improvvisa comparsa del nemico, mentre si combatteva ancora sul Kuk e sul Nagnoj.

Rommel prosegue ovunque trova vuoto davanti a se, forse azzardando. 

La parte sud del Kuk è abbastanza sguarnita.  Si dirige verso una cima ad ovest del paese di Livške Raune, il Muzec, dal quale osserva la situazione ai suoi piedi.

Livške Raunee. Alle sue spalle la cima del Muzec, mt 1.079.  

Il Muzec, le Škarje e la cima di San Martino.

Nota le postazioni sulle pendici del monte Matajur. In basso, a Luicco-Livek c'è un gran movimento di truppe italiane.

Scende verso valle, a mezza strada tra Livek e Polava. Qui c'è un movimento di truppe in entrambe le direzioni; c'è che fugge e chi si reca a vedere cosa succede.

In questo punto, appostati ai fianchi della strada, i soldati di Rommel fanno numerosi prigionieri e abbattono chi non si arrende.

Rommel non nasconde la sua preoccupazione nel gestire questa situazione. 

Deve, con pochi uomini, gestire un massa enorme di prigionieri e armi. Nel frattempo le truppe austro-germaniche conquistano Luicco-Livek e Golobi.

Il paese di Livek - Luicco.  Sullo sfondo  il Krn - Monte Nero.

Ora Rommel si dirige verso la cima del Matajur per fermare l'indietreggiamento delle truppe italiane.

Non ama le strade principali e si inerpica lungo i pendii del monte, non tenendo conto del tempo trascorso e della stanchezza delle sue truppe.

Quella sera del 25 ottobre sarà costretto a fermarsi a Jevšček, un paesino posto sulle pendici est del Matajur.

Ordinerà alle sue truppe di evitare contatti con il nemico che si trovava vicinissimo al paese.

Il paesino di Jevšček.

La Kraguonca, dove sono appostate le truppe italiane, è un'altura situata appena qualche centinaio di metri più in alto.

Tutta la notte Rommel consulterà le carte topografiche!

26 Ottobre! Non è ancora giorno e le sue truppe già si inerpicano sul Matajur, lungo un pendio abbastanza esposto.

Quando vengono avvistati si trovano sotto il tiro delle truppe italiane. Iniziarono a subire perdite.

Per uscire da quella brutta situazione, Rommel ordina ai suoi uomini di separarsi in gruppi.

Alcuni di questi gruppi iniziarono l'aggiramento delle truppe italiane.

Questa tattica, di aggirare con spostamenti veloci il nemico e sorprenderlo poi  alle spalle, aveva dato i suoi frutti nei giorni precedenti. Pure in questo caso funzionerà.

Giunti alle spalle delle truppe italiane ordinano loro la resa. Nessuno si ribella.

Grande è la preoccupazione di come gestire con pochi uomini un tale numero di prigionieri.

Ma non tutte le postazioni sul monte sono conquistate. Le fortificazioni sulla Kragonca resistono ancora.

Ma Rommel continua imperterrito nella conquista del Matajur, e incurante delle perdite prosegue nella sua avanzata. 

Si avvicina da sud-ovest al Mrzli Vrh. Nota che questo è sotto il cannoneggiamento della sua artiglieria; lo evita e prosegue verso la cima.

Il Mrzli Vrh visto dalla cima del Matajur. 

La cima del Matajur vista dal Mrzli Vrh.

Nella sua ascesa si trova sempre alle spalle degli italiani. Ma nell'avvicinarsi alla cima si trova esposto. Gli italiani sono in gran numero e stanno immobili ad attendere.

Rommel intima loro di arrendersi. Questi gli vanno incontro e ci sono momenti di paura. 

Pochi austriaci di fronte a molti italiani. Gli ufficiali italiani che cercavano di opporsi alla resa vengono fatti tacere dai propri soldati.

Alla fine c'è il contatto!

I soldati italiani abbracciano Rommel e lo sollevano da terra gridando: "Viva la Germania".  

Un ufficiale italiano che si oppose alla resa viene ucciso dai suoi stessi soldati.

Il monte Matajur, mt. 1643, visto da ovest.

 

<< ritorna <<