I l  m i o   p a e s e  -  M o j a  v a s

 

Caro piccolo paese, mai del tutto abbandonato,

il tuo pensiero mi perseguita e mi riporta nel passato.

Che cos'è questa pena, perché indietro vorrei tornare

in quei tempi tanto duri dove solo il futuro mi faceva sperare?

Il futuro per te è arrivato, sei più bello, più curato,

ma il presente oggi mi dice che il mio futuro è nel passato.

Tra i cortili polverosi, di liquami nelle piogge intrisi,

nelle stradine male odorose io ho lasciato troppe cose.

Se il tuo ricordo ho sempre qui presente è perché allora ero tra la mia gente.

Così vicina, così lontana, tutti quanti attorno alla fontana

in quel breve momento prima di cena a scambiare parole,

per liberar la schiena dalle fatiche della giornata,

ognuno a raccontare come era andata.

Noi bambini sempre presenti, sempre vicini, sempre distanti,

dagli adulti, dagli anziani, noi timorosi e ubbidienti come dei cani.

Verso tutti andava immenso rispetto, erano tutti  un padre che disponeva di tutto.

Sotto il fumo dei focolari appena accesi  per i nostri giochi venivamo ripresi;

per una palla male calciata, in mezzo ai grandi intrufolata,

finiva presto la nostra festa, con visi mogi e bassa la testa.

Solo il profumo della polenta su quella gente l'aveva per vinta;

allora era nostro tutto il paese, nostro era l'ultimo richiamo alle case.

Così distanti, così presenti conservo nel cuore quei brevi momenti

della piccola vita del mio paese, delle sue case, delle sue cose.

Ricordo i volti, i portamenti, le bocche dei vecchi prive di denti.

Tonut, Renzon, Migliat, Mihon, Pauli, Gigi, Camillo, Carlon . . . e altri ancora. 

I miei paesani ! Tutti diversi, ma ancora tutti uguali !

E' questo essere tutti uguali che mi lega al mio paese,

e mi legherà per sempre, anche se questo paese non c'è più.

 

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